I Migliori Debut del 2018

Categoria Si balla
Confidence Man Confident Music for Confident People Heavenly Records
Un album che dice tutto già dal titolo. Confident infatti in inglese significa sicuro di sè, questo è un album stravagante, forte, divertente dall’inizio alla fine, dai testi sfacciati e irriverenti che parlano di feste e backstage e dalle sonorità dance dannatamente accattivanti. Difficile resistergli e non ballare sopra tracce come Don’t Ya Know I’m In a Band o Try Your Luck. Veri e propri pezzi che ti si fissano in testa e non se ne vanno per i successivi due mesi. Il debut della band australiana, anche grazie alla sua estetica e ai suoi video, è un’enorme festa in costume, una parodia, una presa per i fondelli della vita mondana, della coolness e di tutto ciò sia patinato. Ottimo per qualsiasi momento in cui abbiate bisogno di una carica extra, dalla preparazione pre-night-out, alla palestra, alla botta di adrenalina per affrontare la giornata.
Maria Vittoria
Superorganism Superorganism Domino Records
La sorpresa più grande del 2018 sono stati loro, i Superorganism. Se li abbiamo scovati, recensiti, visti dal vivo e osannati fin dall’inizio dell’anno un motivo ci sarà. Il motivo è che il loro debut Superorganism è una delle cose più whatthefuck e strabilianti di sempre, nonostante duri soltanto 30 minuti. Iniziato come progetto del tutto a caso, gli artefici delle hit Something for your M.I.N.D. e Everybody Wants to Be Famous sono la prova vivente che nel 2018 basta un’idea fuori dal comune, qualche synth, delle grafiche in stile Super Mario Bros e tanto coraggio per farsi largo nel panorama musicale. Eclettici, caleidoscopici e innovativi sono solo alcuni degli aggettivi per descrivere Onoro, la sua gang e i loro intrippanti live. Non siamo ancora riusciti a capire cosa frulli in testa agli 8 componenti del gruppo, ma forse è proprio questo che ci attrae di loro. Quello, e il loro sito con balene, galassie e gattini.
Alessia
Parcels Parcels Kitsunè Records
Older, Overnight, Gamesofluck ci avevano già deliziato le orecchie con le loro ritmiche retrò maniacalmente prodotte, l’appetito per un debut era ormai insaziabile. E i palati sono stati deliziati con 12 tracce da ascoltare preferibilmente tutte insieme, d’un fiato, che con la loro velata malinconia d’altri tempi di synth e riff di chitarra alla Nile Rodgers, fanno venire voglia di avvolgersi nelle proprie cuffiette, calarsi sugli occhi una mascherina per dormire e premendo play su Comedown partire con il primo immaginario volo intercontinentale, destinazione tropici. I Parcels hanno ripreso le sonorità anni ‘70 e le hanno mescolate ai Daft Punk di Random Access Memories, creando una tavolozza sonora che li fa distinguere naturalmente da qualsiasi altra band e che fa solo dire chapeau!
Maria Vittoria
CHAI PINK Heavenly Records
Vi ricordate quelle caramelle frizzanti che giravano una decina e più di anni fa? Sapevano un po’ di fragola e benzina, ad alcuni facevano schifo, altri, me compreso, le adoravano. Bene, se quelle caramelle fossero un quartetto giapponese con un contratto discografico alla Heavenly Records, si chiamerebbero CHAI, ed il loro debut PINK sarebbe uscito proprio quest’anno. Proprio come allora, questo è un prodotto che semplicemente non può’ piacere a tutti: una scarica di bubblegum pop misto a punk, a metò fra l’effervescente kawai nipponico e i frenetici ritmi di aggressive chitarre anglosassoni, le CHAI sono, se prese nel modo giusto, una ventata di aria fresca e divertimento sfrenato. Decisamente qualcosa da provare anche per poter affermare di non esserne un gran fan, ma da poter consigliare agli amici quando chiederanno di consigliargli un po’ di musica che non sia sempre la solita solfa.
Davide
Tom Misch Geography Beyond The Groove
Una volta che si scopre Geography non si torna più indietro. Nel corso dell’anno, questo disco è stato come il baretto di fiducia, che dopo tanti giri e rigiri, rimane comunque la meta prescelta della serata. Lo associo all’inizio dell’estate, il periodo delle giornate che si allungano, dei rooftop bar delle metropoli, dei tramonti passati a bere una pinta con il giubbotto di jeans e una manciata di amici. Deve averle provate anche l’artista di South London tutte queste sensazioni, perché il suo debut auto-prodotto non è altro che una favola urbana alla Midnight in Paris (la sua, invece, si chiama Lost in Paris). A tratti un po’ troppo sdolcinato, a tratti malinconico, Geography è un gran album di debutto che mescola il jazz all’elettronica, gli assoli di sax a quelli di chitarra, la semplicità del cantato ai guizzi strumentali. Se vi piace Kamasi Washington e Ezra Collective, Tom Misch va inserito nella collezione.
Alessia
Kazy Lambist 33 000 FT. Wagram Music
Se c’è una cosa in cui i francesi sono maestri, oltre ai croissant e la haute couture, è la musica elettronica e il giovane di Montpellier ne è un esempio. Prima di rilasciare il suo debut era già stato adocchiato da Les Inrocks, uno dei magazine musicali più importanti di Francia, e dal regista Guillermo Del Toro. La sua è un’elettronica pacata, contemporanea, cittadina, elegante, che abbandona i suoni acidi e corrosivi degli anni ’90, per concentrarsi su bassi vellutati che sembrano avvolgere in un sensuale abbraccio l’ascoltatore grazie anche una voce che alterna eterei e corali acuti a sincopi che richiamano all’hip hop più bassi e maschili. Basta la prima Love Song a far ondeggiare dolcemente e molto lentamente spalle e mani, fa calare improvvisamente il sole, in lontananza si intravedono riverberi rosa e rossastri nel cielo, un pre-dinner già in mano, e Parigi in un batter d’occhio diventa un enorme club a cielo aperto.
Maria Vittoria
Ross From Friends Family Portrait Brainfeeder
Se amate la musica lo-fi, non potete farvi scappare Felix Clary Weatherall, in arte Ross From Friends. Perché’? Oltre ad avere il nome d’arte più bello di sempre, quest’anno il giovane produttore ha sfornato il debut album Family Portrait, forgiato nelle oscure sale dell’etichetta discografica di Flying Lotus. Nell’album si susseguono tracce elettroniche dalla trama fitta e intricata, costellate di synth, chitarre e sax che donano quel tocco in più a praticamente tutto. Family Portrait potrebbe benissimo essere la colonna sonora di un festino in un club esclusivo, dove solo i più alternativi del reame possono entrare. Ross From Friends, invece, riesce a renderlo accessibile senza rinunciare alla sperimentazione, creando brani dotati di vita propria che si evolvono ad ogni ascolto, come Thank God I’m A Lizard o R.A.T.S. Imperdibile dal vivo, soprattutto dalle 2 di notte in poi.
Alessia
SOPHIE OIL OF EVERY PEARL'S UN-INSIDES MSMSMSM
Pioniera della PC Music, Sophie Xeon ha ristrutturato il suo vecchio sound e si è mostrata per la prima volta al pubblico nel videoclip di It’s OK To Cry, un inno alla vita che ha anticipato il suo OIL OF EVERY PEARL’S UN-INSIDES (Future Classic / Transgressive, 2018), un album che è stato pensato per creare una comunità sicura, aperta e positiva di ascoltatori in cui potessero trovare il proprio io e affermarsi al di là dei limiti convenzionali imposti dalla società; sono nove tracce che rendono meno doloroso il rapporto tra il singolo individuo e il mondo, lo incoraggiano a preservare la propria identità di genere non sempre riconosciuta dalle altre persone. È un lavoro rivoluzionario non solo per il suo orgoglio queer ma anche per la proposta di una nuova forma di elettropop che può essere paragonata sommariamente ad un fluido in costante scorrimento, è una narrazione (spesso in un gradevole autotune) che si regge su frammenti di strutture melodiche sempre in tensione, è come un vaso di Pandora che scatena soluzioni disparate, è una forma d’arte di suoni industriali che riproducono il divenire energico della producer.
Silvia
Categoria Atmosfera
Tirzah Devotion Domino Records
Tirzah, aka Tirzah Mastin, è la fresca e nuova scommessa di Domino Records. Scordatevi le chitarre affilate di Arctic Monkeys e Franz Ferdinand, e rivolgete lo sguardo alla parte del roster più sperimentale, che tende all’elettronica. L’album è un mosaico di basi messe in loop, ipnotiche, che estrapolate dalla parte vocale, grazie ai suoni ovattati e sognanti, potrebbero andare a comporre una compilation chill out. I brani hanno un’atmosfera da cameretta, il perfetto sottofondo per studiare o leggere un libro distesi a letto con una tazza di tè in mano. La timidezza della giovane cantante britannica dà vita ad un R&B fuori dai classici canoni, meno sfacciato e pesante, più intimo e fresco.
Maria Vittoria
serpentwithfeet soil Secretely Canadian
Siete ad un’esposizione di arte moderna nel centro di New York, luci soffuse, un gin tonic in mano, persone intriganti attorno: questa è l’atmosfera che si crea con whisper, prima traccia del debut album di Serpentwithfeet. In realtà, questo è l’intero vibe che caratterizza il primo album in studio dell’artista newyorkese, soil (Secretly Canadian / Tri Angle), in cui l’elettronica si fonde con il soul, creando melodie stratificate e leggere. In un mix di beat oscuri, atmosfere empiriche e testi affascinanti, le 11 canzoni del debut sembrano uscire da una collaborazione tra Frank Ocean e Bon Iver. Il battito si fa più lento, il ritmo più intenso e il corpo ondeggia da solo come per magia: la prima opera di Serpentwithfeet è una chicca da sfoggiare agli eventi mondani o semplicemente per quando si ha voglia di gustare della buona musica alternativa.
Alessia
HER HER FAM
Ah la Francia, ah i film di Godard, ah l’amore. Il disco della band francese è la colonna sonora perfetta per una notte di passione, braccia che si avvinghiano senza più lasciarsi e baci lunghissimi. Un aggettivo per descriverlo? Sexy. L’essenza soul e notturna dell’album dona ad ogni canzone una naturale sensualità, sorretta dalla voce pulita di Solf, dai sassofoni, dagli schiocchi di dita e dalle protagoniste al femminile di molte lyrics. Un amplesso sonoro in cui si intrecciano tracce vigorose e potenti a tracce più downbeat e lenti. Un disco che intriga e da ascoltare anche per onorare la memoria dell’amico e fondatore del duo, Simon, scomparso prematuramente l’anno scorso.
Maria Vittoria
LUMP LUMP Dead Oceans
Prendete Laura Marling, una delle più quotate cantautrici folk moderne e Mike Lindsay, membro fondatore dei Tunng e stimato produttore. Chiudeteli in studio insieme. LUMP è il prodotto che otterrete ed è assai lontano da ciò che avreste immaginato di ottenere dalla collaborazione di due artisti così strettamente legati al mondo del folk. Si tratta di un lavoro sperimentale e sintetico distribuito su sette tracce (la conclusiva LUMP is a Product più che una canzone vera e propria andrebbe considerata come un mix tra un manifesto e una dichiarazione di intenti) nel corso delle quali la voce cristallina e al contempo distorta della Marling ci guida ci accompagna in universo robotico e onirico. Certo, non è un disco semplice da digerire e probabilmente non ve ne innamorerete nell'immediato, ma fidatevi di noi: concedetegli più di un ascolto e siamo certi vi conquisterà. Consigliato a tutti quelli che apprezzano il coraggio di sperimentare.
Federica
Okay Kaya Both Heavy Body
La prima cosa che salta all’orecchio ascoltando questo disco sono i testi, su tutti quelli di Dance Like You ed Emulate. “Do you dance like fuck, or do you dance like you’re making love?” rieccheggia nel ritornello della prima, mentre “I can be the sky, you’ll be the sea, we’ll be Both blue” si legge nel primo verso della seconda. Both è un disco intimista, dalle atmosfere soffuse e sospese nel vuoto, piene di dolcezza, accompagnate da sintetizzatori quasi impercettibili e dalla leggera chitarra elettrica imbracciata dalla cantante e modella norvegese che strizza l’occhiolino al soul. Non a caso è stato prodotto dalla voce dei Porches, Aaron Maine, alla cui produzione si possono accostare diversi pezzi. Peculiarità del disco è il fatto di possedere una sensualità innata, la lentezza delle sveglie mattutine domenicali, è uno di quelli ottimi per farci l’amore sopra.
Maria Vittoria
Categoria Indie Pop
Tom Grennan Lighting Matches Sony
Si potrebbe definire poppish, perché nel concreto Tom Grennan ha ben poco del classico stile indie. Niente chitarre taglienti, niente sintetizzatori visionari, ma molte melodie semplici e radio-friendly, ciò che lo incastra nella scena alternativa probabilmente è la voce, invidiabile, graffiante, unica. Come i più noti colleghi George Ezra e James Bay, la voce è la vera protagonista di questo disco. Classe 1995, ma un’ugola così singolare, roca e sporca da richiamare quella del miglior Joe Cocker anni ‘60. Il pischello inglese sicuramente non passa inosservato, volto spesso con una smorfia furba e di sfida, un’apparente sicurezza di sé da far spavento che sicuramente aiuta nel riempire la O2 di Brixton a poco più di 20 anni con solo con un debut alle spalle. Keep an eye on him.
Maria Vittoria
Boy Azooga 1, 2, Kung Fu! Heavenly Records
La prima volta che mi sono imbattuta in questa band di Cardiff fu lo scorso inverno, quando su The Most Radicalist, il blog inglese in cui vengono postati i pezzi di giovani band emergenti, spuntò un Face Behind Her Cigarette. Nome affascinante, che mi richiamava alla mente qualche bella in bianco e nero dei film francesi anni ’60. Ma non aspettative atmosfere puramente lisergiche o un rock n roll vecchio che strizza l’occhiolino ai primi Beatles, il debut è un melting pot di generi diversi, dovute anche all’influenza del parentado tutto musicale del frontman. Il risultato è un album piacevole e fresco, che alle chitarre graffianti di Loner Boogie interseca quelle più candide di ballad come Waitin’. Non sarà mica un caso se il gruppo è finito dritto in Radio BBC 6 e si è aggiudicato molteplici paragrafi tra i one to watch di quest’anno.
Maria Vittoria
Pale Waves My Mind Makes Noises Dirty Hit
I Pale Waves incorporano alla perfezione quella fase adolescenziale che tutti abbiamo passato (e in cui alcuni sono rimasti), fatta di porte sbattute, un po’ troppo eyeliner liquido e ore trascorse su Tumblr a cercare foto indie. E anche se in apparenza passano per i legittimi eredi al trono dei Cure, la loro musica è dolce come un lecca lecca alla fragola. Il contrasto è evidente: li si odia o li si ama. L’elemento decisivo è My Mind Makes Noises, il debut tutto synth e melodie upbeat approvato dai padrini 1975 e targato Dirty Hit. Tra i punti salienti segnaliamo There’s A Honey e Eighteen ed è subito festino à la “Noi Siamo Infinito”.
Alessia
Eliza Shaddad Future Beatnik Creative
Quattro anni fa, Eliza Shaddad aveva pubblicato un EP con quattro brani; due anni fa, un altro EP con quattro brani. Ha fondato un circolo artistico per giovani donne e ha collaborato con produttori e artisti di ogni genere. Come mai non abbiamo mai sentito parlare di lei? Principalmente perche’, fino ad ora, Eliza ha solcato i palchi appiccicosi di piccoli pub londinesi, costruendosi una solida identità nella scena musicale underground inglese. In ottobre ha finalmente pubblicato Future, uscendo allo scoperto una volta per tutte. Un debut intimo, ma per nulla timido: Shaddad racconta con grinta di cuori spezzati, viaggi emotivi ed esperienze segnanti, come quella di essere l’unica donna della propria famiglia ad aver intrapreso la carriera da musicista. Uno sguardo al passato, un piede bello saldo sul presente e un disco che la lancia verso l’ignoto: che sia davvero il futuro del guitar indie britannico?
Alessia
Clara Luciani Sainte Victoire Initial Artist
D’italiano ha solo il nome, qui è il caso di dirlo: W la France! Ormai abbastanza nota nel paese d’Oltralpe, anche per lo stile impeccabile e iper-femminile che l’ha portata dal palco alle front row delle principali sfilate della Paris fashion week. Il disco riflette musicalmente il suo stile, infatti si trovano bassi e tastiere velatamente anni ’80 su testi romantici e personali, che piacerà sicuramente a quelli che bramano una storia d’amore ad alto tasso di fotogenia come solo Gainsbourg e Birkin riuscivano ad avere. Highlight del disco è proprio Monstre d’amour, una ballata da tempi andati con la sua malinconia indie, resa da quella voce appassionata e un filo triste da cantautorato francese che solo loro riescono ad avere. Da non perdere anche perché contiene una cover tutta in salsa francese del pezzone senza tempo dei Metronomy, The Bay.
Maria Vittoria
Categoria Cantautorato
Matt Maltese Bad Contestant Atlantic
Sulla pagina Facebook del cantante inglese si legge “Brexit pop”. Infatti, in diversi casi le canzoni sono velatamente intrise in modo ironico di temi di attualità come per esempio As the World Caves in, che a detta del cantante ha per protagonisti Trump e la May. Album che piacerà anche ai romanticoni, a quelli che nell’amore credono ancora ma che spesso lo vedono con un occhio pessimistico, che si credono perseguitati dalla sfiga, a loro piacerà cullarsi tra le note di Less and Less e Strange Time. Il debut di Maltese è un album zuccheroso ma allo stesso tempo acuto, che richiama le melodie dei tempi di Sinatra, le ballad piano-voce tra il malinconico e il nostalgico da ascoltare tutte in solitaria.
Maria Vittoria
Fenne Lilly On Hold Fenne Lily
Il 2018 è stato un anno meraviglioso per chi nutre un amore particolare per le cantautrici malinconiche e Fenne Lily, ventenne di Bristol, rientra perfettamente nella categoria. Con il suo omonimo album di debutto ci regala una lettera aperta ai cuori spezzati, divisa in undici tracce tanto semplici e delicate quanto strazianti, proprio come la sua voce. La maggior parte dei brani ruotano intorno all’esperienza e al superamento di una rottura, ma anche al non avere paura di essere vulnerabili e alla consapevolezza che tutto è destinato a finire, ma non per questo è necessario sforzarsi di dimenticare né rimpiangere il passato. Consigliato a chi ha appena messo la parola fine ad una storia importante e ha bisogno di crogiolarsi nella propria tristezza.
Federica
Isaac Gracie isaac gracie Virgin EMI
isaac gracie è uno di quei nomi che in Inghilterra sta facendo parecchio parlare di se, mentre nel nostro paese è arrivato giusto di traverso fra le pagine di qualche webzine, nulla di più. Lo scorso giugno ha suonato agli Idays sotto il sole cocente delle 16.00, prima dei concerti di Placebo e Noel Gallagher, davanti ad un pubblico ancora poco numero e di certo non particolarmente interessato a prestare attenzione all’opening. Io ho avuto la fortuna di essere lì in quel momento e sono rimasta completamente rapita dalla sua voce e dalla sua presenza scena magnetica. Il suo omonimo debut è un disco intimo, fresco e raffinato, che si posiziona perfettamente a cavallo fra l’indie e il pop di qualità. Il punto di partenza è la fine di una storia d’amore, ma nonostante questo oltre alle ballad malinconiche c’è spazio anche per brani più elettrici e positivi. Consigliato a chi aveva riposto enorme fiducia in Tom Odell ma ne è rimasto deluso.
Federica
Snail Mail Lush Matador
Lindsey ha 19 anni, viene da Baltimora e, come le sue colleghe Julien Baker e Lucy Dacus fa parte dello squadrone Matador Records. Ma la cosa più importante è che sotto lo pseudonimo Snail Mail ha inciso Lush, riconosciuto all’unanimità come uno dei dischi più interessanti del 2018 (Rolling Stones lo ha definito “the work of an indie-rock prodigy”, insomma, mica roba da poco). E’ un disco lucente, fresco e vulnerabile, dove le padrone di casa sono le chitarre. Al centro troviamo una giovane donna che ha realizzato cosa significa essere lesbica e sta facendo i conti con una serie di storie d’amore naufragate; sullo sfondo la fine dell’adolescenza e una piccola stanza in cui scrivere canzoni. Consigliato a chi manca la propria adolescenza e a chi non l’ha ancora abbandonata del tutto.
Federica
Anna Burch Quit the Curse Polyvinyl
Dopo aver militato in passato in un paio di band, Anna Burch, cantautrice made in Detroit, ha debuttato nel 2018 come solista con Quite the Curse, un disco sofisticato e delicato proprio come la voce di chi lo ha inciso. Fin dalla prima traccia ci si immerge nell’atmosfera frizzante, colorata e sbarazzina tipica delle rom-com un po’ hipster. A livello sonoro, l’indie pop catchy e contemporaneo si fonde sapientemente con un interessante tocco retrò. Consigliata a chi ama il vintage e non vede l’ora che torni la primavera.
Federica
Tamino Amir Communion
Tamino Amir Mohamar Fouad è un ventiduenne belga di origini egiziane e sembra avere tutte le carte in regolare per essere the next big thing, basti pensare che Amir, il suo album di debutto, è stato pubblicato lo scorso ottobre ed è gia stato consacrato come uno dei lavori più interessanti dell’anno. Si tratti un disco brillante e potente, composto da dodici tracce che rimandano a grandi come Jeff Buckley, Radiohead e Nick Cave. Un lavoro dalle tinte cupe e malinconiche, che in alcuni brani sfociano in vera e propria tristezza, a cui però le melodie dai richiami orientali conferiscono luminosità e colore. Consigliato a chi subisce il fascino orientale ed è sempre alla ricerca di qualche nuova scoperta di cui vantarsi con i propri amici.
Federica
Jarle Skavhellen The Ghost in Your Smile Nettwerk
Jarle viene da Bergen e si sente. Premendo play su The Ghost in Your Smile e chiudendo gli occhi, infatti, si riesce a volare in un fiordo norvegese, immersi nella natura e nel silenzio, pur rimanendo fisicamente ancorati alla scrivania del proprio ufficio, in coda alle macchinette in università, su un treno regionale stracolmo di gente. Un viaggio mentale in dieci tracce, accompagnate prevalentemente dalla chitarra acustica, in grado di scuotere costantemente l’ascoltatore e trasportarlo attraverso diversi stati d’animo: calma apparente, inquietudine, apatia, serenità. Consigliato a chi dopo l’ennesimo rewatch di Skam sogna costantemente l’aurora boreale e non può più a fare a meno di spulciare tutte le playlist presenti su Spotify alla ricerca di giovani artisti provenienti dal profondo nord.
Federica
Categoria Guitar Indie
Shame Songs of Praise Dead Oceans
C’è un locale nei sobborghi di Londra noto per aver forgiato nell’ultimo decennio numerosi gruppi punk, il Windmill di Brixton, una sorta di Cavern Club del Sud per millennial: qui gli Shame ci hanno fatto le ossa e affilato le unghie, passando dall’infanzia all’età adulta più velocemente dei propri coetanei. Lì i temi del giorno sono di materia politica e sociale, vengono espressi con un rancore schietto e autentico, aggressivo ma onesto, sono esposti con un avvilimento tipico di chi cerca con animo un posto nel mondo non solo per sé, ma per tutta la propria comunità. I dieci pamphlet in musica in Songs of Praise (Dead Oceans, 2018) si reggono sull’antagonismo verso il marciume culturale coltivato dai Tory, raccontato senza peli sulla lingua attraverso melodie non rudimentali ma semplici, non troppo impegnative ma capaci di giungere fino ai nervi dell’ascoltatore, coinvolgendolo attivamente in una riot. È un’immersione post-punk originalissima e declamatoria, segue senza scimmiottare lo stile degli idoli The Fall.
Silvia
Goat Girl Goat Girl Rough Trade
Della stessa pasta e luogo di origine, ma più temerarie e disincantate sono le Goat Girl, autrici dell’omonimo Goat Girl (Rough Trade, 2018). Le loro sono storie ciniche aventi come materia la questione femminile, raccontate con una certa naturalezza e un’asciuttezza testuale tremenda e cruda, espressioni di chi è stata abituata sin da bambina ad ingoiare molti rospi amari, i frutti del peso ingombrante della vita urbana. Con un ammaliante tono gipsy ardito e un folk inglese antico, il quartetto offre disparati esiti underground capaci di stringersi senza fronzoli nel rock psichedelico dei Khraungbin e nel post-punk tetro di Nick Cave e P.J. Harvey. Le diciannove tracce (di cui cinque strumentali) senza pause si aprono sui bassifondi, luoghi in cui non c’è alcuna forma di Stato, ma abiezione sfociata in turbe e frustrazioni. L’ascoltatore viene catturato dalla voce roca della cantante Clottie Cream, dal dolore degli spiacevoli incontri di periferia espresso con un violino piangente e dall’obiettivo della band di squarciare con veemenza il velo della menzogna sui fatti attuali, una forza e un’audacia esercitate su ritmi primitivi e su tipici assoli acuti dell’indie rock.
Silvia
Dream Wife Dream Wife Lucky Number
Vi piace un po’ di sano casino nella vostra musica? Anche voi vi siete sempre domandati come uscirebbe fuori un disco indie punk a metà tra Brighton e l’Islanda? Ma soprattutto, non vi fa innervosire che nel 2018 le donne siano pagate meno degli uomini? Se la risposta a tutte queste domande è sì, le Dream Wife hanno pubblicato il debut che fa al caso vostro quest’anno, mezz’ora di tritolo, femminismo, canzoni da tre accordi taglienti come una lama e un po’ di glam rock, che non guasta mai alla fin fine. Dream Wife è femminismo di quarta generazione unito a riff e melodie instancabili, catchy e senza tempo, il tutto con un tocco femminile che di delicato, non ha proprio un bel niente. Perché le donne sono toste e le Dream Wife ci tengono a ricordarlo a colpi di canzoni da tre accordi.
Davide
The Magic Gang The Magic Gang Warner
La prima volta che ho ascoltato i Magic Gang ricordo di aver pensato “Oh, mi ricordano gli Wombats”. Indovinate chi era la band di apertura agli Wombats a Berlino. The Magic Gang hanno un sound fresco, divertente, tipicamente british, con un retrogusto di rock californiano in stile Weezer (una delle loro maggiori influenze). Se i quattro ragazzi di Brighton avessero fatto uscire l’omonimo debut album 10 anni fa, probabilmente sarebbero stati inclusi nella colonna sonora di The OC accanto ai Death Cab for Cutie e Rooney. Hanno già conquistato palco dopo palco in tutta Europa, contagiando persino Torino e Bologna in ottobre con la loro energia. In attesa di rivederli presto, ci trovate a ballare sulle note di All This Way.
Alessia
Our Girl Stranger Today Cannibal Hymns
Se siete amanti di chitarra e cercate un buon disco indie rock da parte di un bel gruppo fresco sulla piazza, il self titled degli Our Girl è esattamente quello che fa al caso vostro. Nonostante si possa argomentare come il genere abbia bisogna di una ventata di freschezza e rivoluzione, dopo un paio di anni un po' sottotono, non sarebbe in fondo giusto addossare questa enorme responsabilità sul quartetto di Brighton che solo da qualche anno ha cominciato a calcare la scena inglese, quindi limitiamoci a prenderlo così com'è: un disco di chitarra ben fatto, ben costruito, che porta idee giuste ed è senza dubbio capace di far divertire i fan del genere. Capitanati da Soph Nathan, che qualcuno ricorderà, giustamente, come chitarrista delle già note The Big Moon, Our Girl fa dei suoi riff il suo punto di forza, capaci di regalare pezzi emotivi e confessionali e di passare in un attimo in toste tracce grunge in cui il gruppo sfrutta a pieno la propria energia. Il disco racchiude molto di ciò che una chitarra può esprimere nell’indie, in un processo ben orchestrato dal caro Bill-Ryder Jones, produttore e membro onorario della band.
Davide
Black Honey Black Honey Foxfive
Lo abbiamo recensito qui come "la ricetta della torta di mele del guitar indie", e ci sentiamo di confermare questa descrizione. Il tanto atteso debut dei Black Honey non delude i fan e le aspettative, giocando bene sugli elementi che il quartetto di Brighton sa di saper fare bene ormai, dopo anni di attività fra pub inglesi e tour europei. È un sound versatile e ben costruito, che passa da riff coinvolgenti a ballate romantiche, con qualche intermezzo di 80s rock e synth pop che si sposa molto bene con lo stile di Izzy e le sue vocals a metà fra Debbie Harry, un film noir americano e uno Spaghetti Western. Non staranno certo riscrivendo le leggi della musica moderna, ma se siete in cerca di qualcosa di facile da ascoltare, carico al punto giusto e che vi intrattenga a pieno, i Black Honey non vi deluderanno di certo.
Davide
Bodega Endless Scroll What's Your Rupture?
Iniziate a saltellare sulle punte delle vostre Converse luride, alzate i gomiti, preparate in assetto pogo, con i Bodega si torna alle sonorità minimaliste garage rock, alla semplicità del terzetto batteria-chitarra-basso. La base sta tutta in veloci accordi punk ridotti all’osso e un basso dalla cadenza prepotente che fa l’occhiolino al grunge anni ’90. Si consiglia l’ascolto dell’album della band di Brooklyn a quelli a cui piacciono i Parquet Courts, non a caso tra i produttori del medesimo, e a quelli che diffidano o hanno perso ogni speranza nella tecnologia, infatti il concept del disco vuole essere una riflessione della nostra dipendenza da tutti questi nuovi aggeggi con cui rimanere in costante contatto. Distopico.
Maria Vittoria
MISS WORLD Keeping Up With Miss World PNKSLM
Irriverente, diretta, provocante: Natalie Chahal non passa di certo inosservata, tant'è che è conosciuta come MISS WORLD nel mondo della musica. Per costruire al meglio questo alterego molto originale, la cantante londinese ha ben pensato di mischiare chitarre distorte a grafiche super pop, sparandoci sopra testi tratti da hashtag di Instagram. Il suo disco di debutto, Keeping Up With Miss World, ritrae una realtà che si snoda sulle stories dei social: tra chirurgia plastica, appuntamenti online, droga e aspirazioni malsane, Miss World usa la musica per tentare di raccontare questo pazzo, assurdo mondo in cui ci troviamo. La bio della sua pagina Bandcamp recita: FREE FROM CONCENTRATES ALTHO MAY BE ADDICTIVE. Non potremmo essere più che d’accordo.
Alessia
Middle Kids Lost Friends Domino Records
Direttamente da Sydney, Australia, i Middle Kids sono entrati nell’industria musicale dando un bel calcio alla porta d’ingresso. In realta’, il trio si e’ formato nel 2015 e ha lavorato parecchio, fino ad arrivare a rilasciare Lost Friends. Il loro primo album in studio potrebbe benissimo passare per un classico sempreverde dell’indie rock, con le chitarre prepotenti, le struggenti ballad e i piatti della batteria impazziti. Invece, Hannah Joy, il marito Tim Fitz e l’amico Harry Day sono solo al primo lavoro. Hanno già attirato l’attenzione di EMI e Domino, portando la loro energia in giro per gli USA in apertura a Ryan Adams, Bloc Party e Cold War Kids. Ultimamente l’Australia regala bellissime perle musicali, quindi ci auguriamo che la loro carriera sia lunga e all’insegna del rock.
Alessia
Categoria Chicche
Loma Loma Sub Pop Records
La band americana suona un po’ come l’immagine scelta per promuoverli: tre ragazzi sul retro di un van in corsa al crepuscolo su una di quelle strade infinitamente dritte che si stagliano per acri e acri di campi di grano. Il sound del debut infatti ha il sapore del tramonto, di quel preciso instante in cui il sole ormai è nell’altro emisfero terrestre e in cielo rimane per pochi minuti quella luce blu elettrico che sancisce la definitiva fine del giorno. È uno di quegli album che Pitchfork approva a pieni voti, dove il folk si fonde con la chill out, dove strumenti classici come le chitarre acustiche tipicamente americane e il piano incontrano i più contemporanei sintetizzatori, il tutto coronato da una vocina femminile delicata e soave, che può ricordare quella della più celebre Enya. Un disco perfetto per rilassarsi, addormentarsi, la scusa giusta per chiudere gli occhi e isolarsi dal mondo.
Maria Vittoria
The Orielles Silver Dollar Moment Heavenly Records
Gli Orielles sono un giovanissimo gruppo inglese formato da due sorelle (Sidonie B e Esmé Dee Hand Halford) e il loro migliore amico Henry Carlyle Wade. Probabilmente dopo una birra di troppo ad un festino, i tre hanno deciso di mettere in piedi una band dalle influenze alternative in pieno stile guitar indie. E finalmente, in mezzo a tutte le produzioni elettroniche, quest’anno hanno pubblicato la loro prima fatica, Silver Dollar Moment, firmato Heavenly Records per PIAS. E’ facile perdersi tra gli assoli di chitarra e ondeggiare a ritmo del basso che contraddistingue le 12 tracce del disco. Gli Orielles non si fanno mancare nulla: c'è spazio per le ballad mesmeriche (Sunflower Seeds), i synth patinati (Let Your Dog Tooth Grow) e i cori sbrilluccicanti (Mango). Da apprezzare un po’ alticci ad un classico festino fatto in casa.
Alessia
Kali Uchis Isolation VIrgin EMI
Basta guardare il curriculum della cantautrice colombiana per capire che il suo debut avrebbe fatto un certo scalpore: dopo essere apparsa su Humanz duettando con Damon in She’s My Collar, e una splendida feature su Flower Boy di Tyler, the Creator in See you Again, le premesse erano tutte al posto giusto. Isolation non le ha di certo deluse, presentandosi coraggioso con ben 46 minuti di pop, R&B, e ritmi latino-americani in una splendida chiave moderna, con la partecipazione speciale di Kevin Parker, Jorja Smith, Steve Lacy e molti altri. Questo disco mi fa sentire un dannato abruzzese, come una bad bitch di Miami intento a sorseggiare il mio Mojito su qualche spiaggia tropicale. Se cercate qualcosa di diverso dal solito indie, non fatevi scappare questa emozione.
Davide
77 : 78 Jellies Heavenly Records
Dalle ceneri dei Bees, Aaron Fletcher e Tim Parkin hanno fondato i 77:78. L’etichetta Heavenly Recordings non si e’ lasciata sfuggire l’occasione e a luglio ha messo la firma sul loro debut, Jellies. Non saprei trovare modo migliore di descrivere il disco se non gelatinoso, dai suoni morbidi ed offuscati da giri strumentali psichedelici. Si sente che c’e’ sotto lo zampino di chi ha anni di esperienza alle spalle, ma quello che stupisce e’ il calore che emanano le 11 canzoni del duo inglese: a primo ascolto, sembrano provenire dal deserto dell’Arizona piuttosto che dal freddo Regno Unito, lasciandosi dietro una zaffata di sensualità e toni bollenti. Consigliamo il singolo Love Said (Let’s Go) per saltare direttamente ad agosto senza passare per il via.
Alessia
Audiobooks Now! (in a minute) Heavenly Records
Heavenly Records, l’etichetta che quest’anno ha firmato anche i lavori di Boy Azooga e Confidence Man, sembra avere un asso nella manica per qualsiasi occasione, e l’ultimo nella linea cronologica di questo 2018 sono gli audiobooks. Il duo composto da Evangeline Ling, una giovanissima studentessa d’arte, e David Wrench, un produttore conosciuto nel settore, come potrebbe far intuire il nome d’arte, ha dato vita ad un affresco di storie glamour e metropolitane, quelle sospese a metà tra il vero e la finzione, con immagini presi da opening di gallerie e corse notturne tra le strade di Londra intersecate ad altre più fantasiose. Ascolto non facile e nemmeno immediato. Il genere perfetto per questa narrazione artistoide di 48 minuti è l’elettronica, che a tratti si fa disco music a tratti musica sperimentale, infarcita di parti parlate, distorte e deliri sintetici.
Maria Vittoria
Insecure Men Insecure Men Fat Possum
Qui ci troviamo di fronte a qualcosa di davvero particolare. Il supergruppo originato da Saul Ademczewskil, ex chitarrista del gruppo post punk Fat White Family, ha rispolverato la sua carriera dopo alcuni problemi personali che lo hanno portato a lasciare la sua band originale, con il side project Insecure Men, accompagnato dall’amico d’infanzia Ben Romans-Hopcraft, che qualcuno ricorderà, correttamente, come membro fondatore dei Childhood. Quello che i due hanno messo assieme nel loro omonimo, tristemente oscurato, disco è davvero qualcosa di fuori dal comune, l’unione del sound indie tipico di Ben e la creatività di Saul, risultando in melodie vintage pop sorprendentemente delicate e quasi fatate. È un disco esotico e in costante cambiamento, che passa dal synth pop, all'indie anni ‘80, a musica lounge a musica disco da ballo scolastico vintage. È un disco fragile e affascinante, a tratti complicato, certo, ma quanto di più artistico visto quest’anno da un gruppo ‘’emergente’’. Se amate sound fuori dal comune e spingervi oltre la vostra comfort zone musicale, Insecure Men è un disco che potrebbe regalarvi grandi soddisfazioni.
Davide
Categoria Italiano
WrongONyou Rebirth Carosello Records
C’è chi lo conosce come Marco Zitelli, chi l’ha visto recitare ne “Il Premio”, chi ha applaudito sul palco di qualche festival. Ad ogni modo, il primo disco di Wrongonyou era senz’altro nella lista degli album più attesi del 2018. L’artista romano, fedele membro della famiglia Carosello Records, è patito del folk, della montagna, dei falò con gli amici a ritmo di acustica e non ha perso l’occasione di dimostrarlo in Rebirth. La musica di Marco catapulta in mezzo ai boschi, accompagnandoci in una passeggiata tra la semplicità della musica folk e la naturalezza del pop. Dopo aver solcato praticamente ogni palco d’Italia, Rebirth ha attraversato l’Europa in occasione di un tour estivo. Quando si dice “orgoglio italiano”...
Alessia
Gigante Himalaya MArteLabel
Interessantissimo debut per Gigante, questo Himalaya che si nutre di gorgoglii elettronici alla Iosonouncane e un tappeto di ukulele, la new wave e post punk che sposa l'indie folk. Un immaginario ben lontano da quello che sembra poter essere stato concepito nel sud d'Italia: siamo tra i sopravvissuti delle prime scalate dell'Everest, sentiamo le storie di schianti aerei e parliamo di Natura ostile, raccontati con la leggerezza dell'indie-rock. Into The Wild in una nuova chiave it-pop. Una ricetta unica che non sembra simile a nessuno, a tratti reminiscenze dall'Asia, un'oscurità devastante che i synth rischiarano solo a tratti, una malinconia a cui è impossibile sfuggire, e che il timbro di Ronny Gigante tinge di auto-ironia. Un disco invernale, fatto in casa, intimo, fatto per essere suonato, idealmente s'intende, nei rifugi antiaerei, indossando maglioni dalle fantasie imbarazzanti, vin brulè e abbracci prima dell'Apocalisse. Un caso unico in cui credere, da preservare dalle contaminazioni.
Morgana
Francesco De Leo La Malanoche Universal
Ex frontman de L’Officina della Camomilla al suo primo serio debutto solista. Immancabili sono gli elementi che lo hanno reso celebre con il progetto precedente: testi allucinati, distaccati dalla realtà e citazioni che si colgono preferibilmente quando si è poco sobri. Cambiano però le sonorità, si imbraccia sempre la chitarra acustica che passa allo sfondo per lasciare spazio a giochi elettronici leggiadri in stile Mac DeMarco, Yellow Days e Pizza Girl. L’album è sostanzialmente riassumibili in 3 parole: sesso, sesso, sesso, per i più romantici una passeggiata alcolica notturna per Milano in compagnia di Heroin Chic quali Lucy e Mylena, con le luci dei lampioni ad intermittenza e l’afa della città a livelli stratosferici.
Maria Vittoria
Generic Animal Emoranger La Tempesta Dischi
Nuovo capitolo per uno dei nomi sforna-hype della scena. Rimasugli di una scena emo smettono di condirsi di alt-country e indie-rock (come era successo con il procedente omonimo) e fanno amicizia con la trap, insinuandosi silenziosamente in tutta quella scena di Frah Quintale e simili, senza passare dal rap. Un disco che parla di depressione, di tutte quelle cose che so fare male, che magari non ci fossero, che son fermo da giorni senza fare niente, un malessere profondo e orfano che ti si radica dentro, che sono mesi che quando chiami non rispondo, e se ne esce banalmente con l'amore. Un disco che parla di quanto si stia male, maledetta adolescenza che non finisce mai, ma con l'autotune. Generic Animal è fuori da qualsiasi scena, e non sembra neanche volerci entrare, prende il meglio di qualsiasi cosa, persino dall'immobilità, e ci riesce alla grande. Sicuramente non sarà il lavoro migliore della sua carriera, e la produzione di Zollo fa sì che ci sia anche troppa roba per un ascolto che sia facile, ma c'è qualcosa qui dentro che sta per esplodere.
Morgana
Weird Bloom Blisstonia WWNBB
Di artisti strani ne abbiamo visti parecchi, ma nessuno è così tanto eccentrico come l’unico e inimitabile Weird Bloom. L’artista dietro a questo psichedelico progetto si chiama Luca Di Cataldo e il debut che ha conquistato i nostri cuori è Blisstonia, prodotto da WWNBB Collective. Prima di sbocciare in uno degli artisti più interessanti della scena italiana, Weird Bloom si chiamava Weird Black e aveva pubblicato un disco homemade, Hy Brazil. Ora, con questo nuovo ritorno, i toni si fanno ancora più...weird. Non fatevi ingannare dal lupo incazzoso in copertina: Blisstonia è la visione psichedelica, sperimentale e un po’ matta dell’artista romano consacrato (da noi) il cugino italiano di Mac DeMarco. Si è persino guadagnato un posto alla Rough Trade di Londra di fianco alle scimmie artiche.
Alessia
Polar Station Lowlands Polar Station
Sia il nome della band che del disco sono ingannevoli, ma questi quattro ragazzi sono più vicini di quanto pensiate, infatti provengono da Frosinone, anche se il sound richiamerebbe città più distanti e internazionali come Berlino o Londra. Internazionale infatti è l’aggettivo che più sintetizza questo disco. Ascoltandoli ci tornano in mente Lorde, i London Grammar, i Naked and Famous, tutti quei gruppi caratterizzati dal binomio voce-synth. Di synth qui ce ne sono in abbondanza, ma non sono quelli che ormai caratterizzano tutta la scena itpop, per una volta scordiamoci tutti questi richiami (velati e non) agli anni ’80, tingiamoli di colori scuri e abbandoniamoci a suoni pop più rilassanti e onirici. Se anche tu non ne puoi più della voce di Calcutta che riecheggia in radio e non hai mai avuto grande fiducia nella musica italiana e stai cercando quello spiraglio diverso dal solito, questo potrebbe fare al caso tuo.
Maria Vittoria
Her Skin Find a Place to Sleep WWNBB
Un titolo poetico ed evocativo quello scelto per il suo album d'esordio dalla giovane modenese Sara Ammendolia, in arte Her Skin. La voce calda e soave di Sara ci accompagna per dieci tracce cantate in inglese, dove testi agrodolci, delicati e a tratti naif si fondono alla perfezione con sonorità a metà strada fra la malinconia di Cat Power (che ha avuto la fortuna di accompagnare nelle sue ultime date italiane) e la spensieratezza di Regina Spektor, dando vita ad un'atmosfera quasi fatata. La sensazione che si ha ascoltando per tutto il disco è quello di ritrovarsi immersi nel video di Sunrise di Norah Jones. Consigliato alle ragazze che amano i vestitini a fiori e quando chiudono gli occhi immaginano di vivere dentro 500 Days of Summer.
Federica
Holiday Inn Torbido Avant! Records
Want to make some noiiiiiiise? Alla maggior parte di voi il nome non dirà nulla, tuttalpiù può riecheggiare il nome di una nota catena alberghiera. Il duo romano composto da Gabor e Bob Junior si inserisce nella scena underground (parecchio underground) italiana, un suono e una voce completamente DIY, sporchi, martellanti, spacca orecchie, rancidi e cistifellei, alla faccia dell’ITPOP. Non proprio immediato da ascoltare (consigliamo di cimentarsi innanzitutto con Dirty Town), Torbido è qualcosa di bizzarro e fuori da ogni schema, vicino al noise punk, che viene descritto come “More terror coming from the generous dump called Bel Paese” e “Acid Minimal Synth Punk from la capitale”.
Maria Vittoria
The Heart and The Void The Loneliest of Wars UMA Records
Avete una fortissima passione per il folk ma siete sempre stati convinti che si trattasse di un genere radicato nei paesi anglofoni e con una possibilità pari a zero di attecchire anche in Italia? Allora The Loneliest of Wars è il debut che fa al caso vostro. Si tratta dell'album di esordio di Enrico Spanu, in arte The Heart and The Void, giovane cagliaritano che quest'autunno ha avuto la possibilità di accompagnare Stu Larsen in una manciate delle sue date europee. Rigorosamente cantato in inglese, il disco è composto da dieci brani tanto minimali, dolci e delicati quanto potenti, profondi e riflessivi. La sfera sentimentale ha ampio spazio, ma ciò che emerge in particolare modo è il grandissimo amore che l'artista nutre nei confronti della propria terra d'origine. Si tratta di uno di quegli album che, proprio grazie alla propria semplicità, riescono ad arrivare al cuore degli ascoltatori fin dal primo momento.Consigliato a chi, negli anni, si è perdutamente innamorato della musica di The Tallest Man on Earth.
Federica